Iscrizione cambia la data dell’eruzione – C’è una scoperta che potrebbe cambiare i libri di storia. Fino ad oggi si pensava che la data dell’eruzione del Vesuvio si fosse verificata il 23 agosto del 79 d.C. Dopo il rinvenimento nella città antica di Pompei di una iscrizione a carboncino, il periodo e la data dell’eruzione del Vesuvio, potrebbe essere diverso, vale a dire ottobre del 79 d.C..
E ci sarebbe anche una data piuttosto precisa: il 24 ottobre. Scatta, dunque, così una conferma a dubbi, sulla data dell’eruzione, che per la verità erano già venuti fuori. Dubbi nati dal rinvenimento, negli scavi di Pompei, di melograni, che di solito ci sono nel periodo autunnale, di bacche anch’esse autunnali e di bracieri.
Una “scoperta straordinaria”, la definisce il ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, che rappresenta “l’eccezionale competenza del nostro Paese”. Ed ecco come si è arrivati alla nuova data dell’eruzione. Grazie all’iscrizione a carboncino ritrovata in un ambiente della casa in ristrutturazione della Reggio V.
Secondo quanto raccontato dal direttore generale Massimo Osanna, ad inciderla sarebbe stato un operaio che definisce ‘buontempone’ per il contenuto scherzoso della frase. La scritta è datata al sedicesimo giorno prima delle calende di novembre corrispondente al 17 ottobre. Trattandosi di carboncino, fragile ed evanescente. Non avrebbe potuto resistere a lungo nel tempo. E’ più che probabile che si tratti dell’ottobre del 79 d.C. Una settimana prima della grande catastrofe che, secondo questa ipotesi, sarebbe avvenuta il 24 ottobre.
Ad oggi, sottolinea il ministro Bonisoli, “ci fermavamo alla datazione della lettera di Plinio che fissava l’eruzione al 23 agosto. Può darsi, un po’ di più del può darsi, che qualche amanuense nel corso del Medioevo abbia fatto una trascrizione non fedele. Quindi per tanto tempo abbiamo pensato che l’eruzione fosse stata ad agosto. Oggi con umiltà stiamo riscrivendo i libri di storia”.
E la storia potrebbe essere riscritta anche da altro, dalla ‘seconda vita’ di Pompei. I primi scavi, si sa, iniziarono nel 1748. Ma probabilmente, effettuate altre ricerche come spiega il direttore Osanna. Ricerche “non ufficiali, sicuramente sono state distruttive, e finalizzate soprattutto alla ricerca degli oggetti”. Scavi, aggiunge Bonisoli, “di tombaroli o di qualcosa di più, che ci sono sarebbero stati anche anche nel secolo precedente al 1748.
Molto probabilmente nel secolo della controriforma non era ‘popolare’ andare a scavare qualcosa che a quel tempo era considerata barbara e comunque legata a dei pagani”.
Ecco un esempio. Il direttore generale Osanna spiega che “Quando durante gli scavi è stata scoperta la stanza degli scheletri, con i resti di cinque persone, l’indagine ha rivelato la presenza di altri scavi anteriori al 1748.
Gli indizi sono i fori nelle pareti, di uno o più cunicoli che hanno causato uno sconvolgimento degli scheletri intercettati, le cui ossa sono state dislocate in vari punti dell’ambiente”.
Ricerche condotte nel passato, dice ancora Osanna, “che ci raccontano la storia di un’epoca di scavo completamente differente nell’approccio metodologico e nelle finalità stesse”.
Il racconto della storia, a Pompei, di sicuro non è affatto finito. Tra le scoperte presentate oggi, è venuta fuori anche la Pompei dei colori. Come quelli della Casa con giardino – con il portico affrescato e gli ambienti decorati da vivaci megalografie e con il Vicolo dei balconi. Oppure come quelli della Casa di Giove, con eccezionali mosaici pavimentali dalle raffigurazioni senza precedenti. (ANSA).
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