Un tremendo terremoto il 5 febbraio del 62 d.C. colpì Pompei, Ercolano e Stabia e molti altri centri della costa vesuviana.
Il terremoto, avvertito fino a Roma, ebbe l’epicentro collocato lungo il perimetro del Vesuvio.
Si è ipotizzato, anche senza alcuna conferma, che potesse essere collegato alla successiva eruzione del 79 d.C.
Seneca nelle “Questioni Naturali” scrivendo all’amico Lucilio, nativo di Pompei, racconta proprio degli effetti del cataclisma di cui riportiamo un brano: “O Lucilio, che sei il migliore fra gli uomini, abbiamo sentito dire che Pompei, frequentata città della Campania, dove si incontrano da una parte le coste di Sorrento e di Stabia e dall’altra quelle di Ercolano, e circondano con una ridente insenatura il mare che si ritrae dal largo, è sprofondata a causa di un terremoto che ha devastato tutte le regioni adiacenti, e che ciò è avvenuto proprio nei giorni invernali, che i nostri antenati garantivano essere al sicuro da un pericolo del genere. Questo terremoto si è verificato alle None di febbraio, durante il consolato di Regolo e di Virginio, e ha devastato con gravi distruzioni la Campania, regione che non era mai stata al sicuro da questa calamità e che ne era sempre uscita indenne, anche se tante volte morta di paura: infatti, anche una parte della città di Ercolano è crollata e anche ciò che è rimasto in piedi è pericolante, e la colonia di Nocera, pur non avendo subito gravi danni, ha comunque motivo di lamentarsi; anche Napoli ha subito perdite, molte fra le proprietà private, nessuna fra quelle pubbliche, essendo stata toccata leggermente dall’enorme disgrazia: in effetti, alcune ville sono crollate, altre qua e là hanno tremato senza essere danneggiate”.
Al momento dell’eruzione erano ancora tanti i monumenti danneggiati.
Molti lavori di ristrutturazione, come quelli che interessarono il tempio di Venere e il Capitolium, non furono ultimati.
Il tempio di Iside venne ristrutturato grazie ad ricco liberto, sacerdote della Fortuna Augusta che, grazie a questo gesto, volle spianare al figlio la carriera politica.
Altri lavori interessarono l’area del Foro dove furono ricostruiti il tempio dei Lari Pubblici e quello del Genio di Vespasiano.
Il terremoto segnò la vita a Pompei dal punto di vista sociale e vide l’ascesa della classe sociale dei Liberti caratterizzata da possedimenti in denaro liquido più che terriero.
Quando l’eruzione del 24 ottobre del 79 d.C. distrusse Pompei, la città era in piena ristrutturazione con lavori non terminati visibili, ancora oggi, nella stratigrafia degli scavi.
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